Trasferta o trasferimento del lavoratore?

Con una recentissima ordinanza la Cassazione ha ribadito la differenza tra trasferta e trasferimento del lavoratore.
In particolare, secondo la Corte, la cosiddetta trasferta si distingue dal trasferimento perché è indefettibilmente caratterizzata dalla temporaneità dell’assegnazione del lavoratore ad una sede diversa da quella abituale, con la conseguenza che non spetta l’indennità di trasferta a chi esplica in maniera fissa e continuativa la propria attività presso una determinata località anche se la sede di servizio risulti formalmente fissata in luogo diverso, dove, peraltro, il lavoratore non ha alcuna necessità di recarsi per l’espletamento delle mansioni affidategli.
La trasferta è, infatti, emolumento corrisposto al lavoratore in relazione ad una prestazione effettuata per limitato periodo di tempo e nell’interesse del datore di lavoro al di fuori della ordinaria sede di lavoro, volto proprio a compensare al lavoratore i disagi derivanti dall’espletamento del lavoro in luogo diverso da quello previsto
Qualora, dunque, vi sia coincidenza tra il luogo di assunzione ed il luogo di prestazione dell’attività lavorativa, sicché la prestazione non è eseguita al di fuori della sede lavorativa e non vi è scissione tra quest’ultima e il luogo di espletamento del lavoro, non si ha trasferta in senso tecnico e non spetta la relativa indennità, restando irrilevanti le circostanze che la sede legale dell’impresa datoriale e la residenza dei lavoratori siano diverse dal luogo di espletamento del lavoro.
Cass. Ord. Sez. L. n. 14380 del 8/07/2020