I vizi di costituzione e funzionamento dell’Ufficio per i Procedimenti disciplinari
Commento a sentenza Tribunale di Foggia – Sezione lavoro – 1.12.2023
(Est. Dott.ssa Angela Vitarelli)
Con la sentenza in commento il Giudice del lavoro del Tribunale di Foggia ha annullato la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio e dalla retribuzione per un periodo di 6 mesi comminata ad una lavoratrice da parte della locale Azienda Sanitaria, per presunte violazioni della normativa in materia di orario di lavoro, conseguentemente condannando il datore di lavoro pubblico a ricostruire lo status giuridico ed economico della ricorrente ed al pagamento in suo favore delle retribuzioni relative al periodo di sospensione dal servizio, nonché ad ammettere la lavoratrice alla procedura selettiva per l’attribuzione delle progressioni orizzontali, dalla quale era stata esclusa proprio a causa della illegittima sanzione disciplinare.
Nell’accogliere il ricorso proposto da questo studio legale, il Giudice del lavoro ha ritenuto dirimenti i vizi di carattere formale del procedimento disciplinare, che erano stati sollevati in via preliminare dalla lavoratrice, rappresentata e difesa in giudizio dall’avv. Lucia Martino, che aveva denunciato la mancanza di collegialità delle determinazioni assunte dall’Ufficio per i procedimenti disciplinari, il quale, appunto, con particolare riferimento al momento di comminazione della sanzione, aveva agito non come organo collegiale, come era espressamente imposto dalla normativa regolamentare interna, ma come organo monocratico.
In particolare, la lavoratrice aveva evidenziato che nel caso di specie, come emergeva anche dai documenti prodotti dal datore di lavoro in giudizio, l’U.P.D. non era mai stato convocato, non si era mai costituito e non si era mai riunito in funzione della discussione sul provvedimento da adottare nei suoi confronti, per cui era mancata la collegialità ed era mancato il quorum necessario, ossia, il plenum del Collegio, come imposto dall’art.4 del Regolamento interno dell’Ente. Il predetto vizio, ossia, la mancanza di deliberazione collegiale della sanzione, determinava indiscutibilmente la nullità della sanzione, dal momento che l’U.P.D., sulla base della normativa regolamentare interna, risultava strutturato come un organo collegiale e, per di più, come un collegio perfetto.
A tal proposito venivano richiamati in giudizio dalla lavoratrice i principi affermati dalla Corte di Cassazione nella sentenza n.8245 del 26.4.2016.
In particolare, nella citata sentenza la Corte di legittimità, dopo avere premesso che, in base all’art.55-bis D.Lgs.n.165/2001, l’Ufficio per i Procedimenti Disciplinari non ha necessariamente natura di collegio perfetto, e dopo avere affermato che la questione se sia sempre necessaria la partecipazione di tutti i componenti di un organo collegiale per la validità delle relative deliberazioni debba essere risolta caso per caso in base al diritto positivo, ha evidenziato che “Uno dei criteri più sicuri per individuare il carattere perfetto d’un collegio operante presso una pubblica amministrazione è dato dalla previsione di componenti supplenti accanto a quelli effettivi, essendo lo scopo della supplenza quello di garantire la continuità e la tempestività di funzionamento del collegio medesimo, senza che il suo agire sia impedito o ritardato dall’impedimento di taluno dei suoi componenti. Significativa in proposito è la costanza della giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. Stato n. 324/06; Cons. Stato n. 543/06; Cons. Stato n. 5359/05). Altro criterio identificativo d’un collegio perfetto si ricava dal riflettere la sua composizione professionalità complementari tra loro, sicchè ogni componente è infungibile rispetto agli altri (cfr. Cons. Stato n. 524/07; Cons. Stato n. 400/07; Cons. Stato n. 543/06; Cons. Stato n. 5139/02). …”.
Nel caso di specie l’U.P.D., in effetti, era strutturato come un collegio perfetto.
Infatti, con la delibera con cui era stato nominato il Collegio di Disciplina, accanto ai componenti effettivi erano stati previsti componenti supplenti. Inoltre, ciascuno dei componenti risultava essere stato individuato sulla base di specifiche professionalità. Ed ancora, era lo stesso Regolamento aziendale sul funzionamento dell’U.P.D. a prevedere espressamente che le conclusioni ed il provvedimento finale dovessero recare nel verbale la sottoscrizione del Plenum.
Le predette prescrizioni, dunque, erano state violate dal datore di lavoro, in quanto l’U.P.D. aveva agito come organo monocratico.
Come è noto, la volontà degli organi collegiali viene formata e deliberata attraverso il dibattito e la successiva votazione dei componenti (T.A.R. Abruzzo sez. I – L’Aquila, 14/03/2013, n. 237). Il Collegio, infatti, è un’aggregazione di persone che si riuniscono insieme ed esprimono un’unica volontà. Il processo logico del procedimento, anteriore alla seduta vera e propria del Collegio, è la sua convocazione e la delineazione dell’ordine del giorno. La seduta rappresenta il luogo fisico e temporale in cui l’azione del Collegio prende vita. In essa i singoli componenti possono intervenire e partecipare alla formazione della volontà dell’organo, incidendo sostanzialmente sulle decisioni da prendere. Alla discussione segue la votazione, che concretizza la volontà del Collegio, poi documentata nel verbale.
Per costante giurisprudenza della Corte di legittimità (cfr.: Cass.nn. 17357/2019, 14200/2018, 8245/2016), l’U.P.D. deve operare con il “plenum” dei suoi componenti proprio in relazione alle attività valutative e a quelle deliberative vere e proprie, ossia, nelle fasi in cui è chiamato a compiere valutazioni tecnico-discrezionali e in quelle in cui deve esercitare prerogative decisorie.
Inoltre, il funzionamento di un organo collegiale deve essere necessariamente pluripersonale, non potendosi trasformare in organo monocratico, in quanto la monocraticità elude le ragioni stesse di efficienza amministrativa ed imparzialità che hanno suggerito la composizione collegiale.
Del resto, è la stessa Corte di legittimità (cfr.: Corte di Cassazione – Sezione lavoro – sentenza 26.11.2015, n.24157) ad avere affermato che “Nel caso in cui l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari di cui all’art.55, comma 4, d.lg. n.165 del 2001 sia previsto come collegiale secondo l’ordinamento interno dell’Ente, il licenziamento intimato sulla base della determinazione di un solo componente è nullo, ai sensi dell’art.1418, comma 1, c.c., per violazione di norma imperativa …..”.
Avv. Lucia Martino