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Maxi sanzione per “lavoro nero” e mancanza di prova della subordinazione

Maxi sanzione per “lavoro nero” e mancanza di prova della subordinazione

Tribunale di Foggia – Sezione lavoro – sentenza del 21.6.2024

Con la sentenza in commento il Giudice del lavoro del Tribunale di Foggia ha annullato l’ordinanza-ingiunzione con cui l’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Foggia aveva comminato la maxi sanzione per lavoro nero (v. art.3, comma 3, D.L. n.12/02, convertito in L. n.73/2002, e s.m.i., sostituito dall’art.22 D.Lgs.n.151/2015) nei confronti di un committente di lavori edili, che veniva accusato di avere impiegato “in nero” due lavoratori, trovati, nel corso di un accesso ispettivo sul cantiere effettuato dalla Guardia di Finanza, intenti a svolgere attività lavorativa all’interno di un immobile di sua proprietà, senza la preventiva comunicazione di assunzione (in data antecedente l’accesso ispettivo) al competente Centro per l’Impiego.

Il Tribunale di Foggia, accogliendo il ricorso proposto dal committente dei lavori, rappresentato e difeso in giudizio dal sottoscritto avv. Lucia Martino, ha rilevato che da parte dell’Ispettorato del Lavoro, sul quale gravava il relativo onere probatorio, non fossero stati dimostrati i presupposti costitutivi della pretesa sanzionatoria e, in particolare, che non fossero stati provati i requisiti della subordinazione (soggezione dei lavoratori al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro), non emergendo detti elementi dai verbali ispettivi, laddove la prova testimoniale espletata in giudizio aveva confermato la tesi del ricorrente circa la natura autonoma dei rapporti di lavoro.

A tal proposito va ricordato che per orientamento consolidato della Corte di legittimità (cfr., tra le ultime: Corte Cassazione – Sezione lavoro – n.15638 del 22.7.2020) “I verbali ispettivi redatti da pubblici ufficiali fanno fede fino a querela di falso unicamente con riguardo ai fatti attestati dal pubblico ufficiale nella relazione ispettiva come avvenuti in sua presenza o da lui compiuti o conosciuti senza alcun margine di apprezzamento, nonchè con riguardo alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni delle parti; la fede privilegiata di detti accertamenti non è, per converso, estesa agli apprezzamenti in essi contenuti, né ai fatti di cui i pubblici ufficiali hanno notizia da altre persone o a quelli che si assumono veri in virtù di presunzioni o di personali considerazioni logiche; ne consegue che le valutazioni conclusive rese nelle relazioni ispettive finalizzate all’accertamento della sussistenza e tipologia di rapporti di lavoro, in relazione agli obblighi previdenziali, costituiscono elementi di convincimento con i quali il giudice deve criticamente confrontarsi, non potendosi recepire aprioristicamente”.      

Quanto ai criteri di riparto dell’onere probatorio, con riguardo specifico alle sanzioni amministrative, è stato affermato (cfr.: Cass. n.5122/2011) che “Nel procedimento di opposizione a sanzione amministrativa si applicano i principi generali in materia di riparto dell’onere della prova, con la conseguenza che è onere della P.A. provare la sussistenza degli elementi costitutivi della sua pretesa, mentre all’opponente spetta dimostrare la sussistenza di fatti impeditivi o estintivi della pretesa stessa”.  

Pertanto, sarebbe stato onere dell’ITL provare in giudizio che nel caso di specie ricorressero effettivamente i requisiti della subordinazione ai fini dell’applicazione della maxisanzione.

L’elemento che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato rispetto al rapporto di lavoro autonomo è, infatti, rappresentato dall’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, con conseguente limitazione della sua autonomia ed inserimento nell’organizzazione aziendale, mentre altri elementi, quali l’assenza di rischio, la continuità della prestazione, l’osservanza  di un orario e la forma della retribuzione assumono natura meramente sussidiaria e di per sé non decisiva; sicchè qualora vi sia una situazione di incertezza probatoria, il Giudice deve ritenere che l’onere della prova a carico dell’attore non sia stato assolto e non già propendere per la natura subordinata del rapporto (cfr.: Cass., S.L., n.21028/2006; Trib. Cosenza, S.L., n.511/2020).

Inoltre, è stato affermato (cfr.: Cass., S.L., n.2728/2010; Trib. Roma, S.L. n.9107/2019) che “In caso di domanda diretta ad accertare la natura subordinata del rapporto di lavoro, qualora la parte che ne deduce l’esistenza non abbia dimostrato la sussistenza del requisito della subordinazione – ossia della soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, che discende dall’emanazione di ordini specifici oltre che dall’esercizio di un’assidua attività di vigilanza e controllo sull’esecuzione della prestazione lavorativa – non occorre, ai fini del rigetto della domanda, che sia provata anche l’esistenza del diverso rapporto dedotto dalla controparte, dovendosi escludere che il mancato accertamento di quest’ultimo equivalga alla dimostrazione della subordinazione, per la cui configurabilità è necessaria la prova positiva di specifici elementi che non possono ritenersi sussistenti per effetto della carenza di prova su una diversa tipologia di rapporto”.

Ebbene, come rilevato nella sentenza in commento, nel caso di specie l’ITL non aveva fornito alcuna prova né degli elementi caratterizzanti la subordinazione, né di eventuali elementi sussidiari; prova che, infatti, non emergeva né dalla prova testimoniale espletata in giudizio, che aveva, invece, confermato la tesi del ricorrente, né dalle dichiarazioni contenute nei processi verbali prodotti in giudizio dall’Ispettorato.

Avv. Lucia Martino

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